È la misura più precisa che sia mai stata ottenuta all’acceleratore Large Hadron Collider (LHC) del CERN della massa del bosone W, e ne determina il valore in 80360,2 MeV con un’incertezza di 9,9 MeV. La misura è stata realizzata dall’esperimento CMS analizzando i dati prodotti nelle collisioni protone-protone del secondo periodo di presa dati di LHC (run2). Il risultato, molto atteso dalla comunità scientifica internazionale della fisica delle particelle, è stato presentato dalla Collaborazione Scientifica di CMS nel corso di un seminario che si è tenuto oggi, 17 settembre, al CERN.
“La misura della massa del bosone W è stata ottenuta da CMS grazie a una analisi all’avanguardia dei dati prodotti a LHC”, sottolinea Giacomo Sguazzoni, ricercatore dell’INFN responsabile nazionale di CMS. “La precisione raggiunta era impensabile quando LHC e CMS sono stati concepiti, ed è frutto del caparbio e appassionato lavoro di tanti colleghi e colleghe impegnati nelle attività di ricerca che, negli anni, hanno permesso di ottenere da CMS, un rivelatore molto complesso e sofisticato, prestazioni ben superiori a quelle previste inizialmente dal progetto”, conclude Sguazzoni.
“Il valore della massa del bosone W deriva, nel Modello Standard, da due ingredienti fondamentali: la forza della interazione debole – di cui è mediatore – e il valore del campo di Higgs, responsabile della generazione della massa di tutte le particelle elementari fino ad oggi osservate”, spiega Stefania De Curtis, direttrice del Galileo Galilei Institute dell’INFN. “Questa nuova misura rappresenta dunque un ulteriore successo della nostra teoria perché, data la precisione, superiore a tutte le aspettative, ne conferma la predizione a livello delle correzioni quantistiche che contribuiscono al suo valore. L’accordo a livello quantistico con le predizioni teoriche indica che, almeno per la massa del W, non servono nuovi fenomeni o nuove particelle per spiegare la natura. Ciò non esclude che queste non siano nascoste dietro l’angolo e che gli esperimenti di LHC possano ‘scovarle’ in un vicino futuro per gettare luce sui problemi ancora aperti del Modello Standard”, conclude De Curtis.
Ulteriori informazioni:
- Comunicato stampa INFN
- CERN News
- Contatto INFN Firenze: Lorenzo Viliani